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La Cuba più vera: Viñales

La campagna di Viñales

La campagna di Viñales

“Loreto impagliato ed il busto d’Alfieri, di Napoleone i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto), il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti, i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro, un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve, gli oggetti col monito, salve, ricordo, le noci di cocco, Venezia ritratta a musaici, gli acquarelli un po’ scialbi, le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici, le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature, i dagherottipi: figure sognanti in perplessita’, il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto, il cucu dell’ore che canta, le sedie parate a damasco chermisi… rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!”.

Guido Gozzano, L’amica di Nonna di nonna Speranza

C’è un angolo di Cuba in cui il turismo e l’autenticità delle persone formano (ancora) un’equazione perfetta. Questo posto è Viñales. Ripensando, e mi capita spesso, al mio ultimo viaggio nell’isola caraibica, uno dei ricordi più vivi me lo regala questa piccola e vivace cittadina, annidata in una quieta vallata. Paesaggi da Jurassic Park, ottima Piña Colada, persone ospitali proprio in una delle regioni che, se pur popolata fondamentalmente da agricoltori, in qualche modo traina l’economia nazionale. Qui, infatti, si coltiva il tabacco e nasce una delle eccellenze cubane, il sigaro. Viñales dista circa un paio d’ore dall’Avana: da Miramar si prende l’autopista A4 verso Pinar del Rio, la capitale del tabacco, sede di fabbriche di stato e piantagioni visitabili. A una decina di chilometri a nord, si trova Viñales, nel cuore di una vallata diventata Patrimonio dell’Unesco ormai da qualche anno. Tre strade, non di più, in cui si susseguono casas particulares. I numeri sono impressionanti: sono 500 per una popolazione di circa 30mila abitanti in tutta la regione. Un vero boom in questo paese in cui – ci spiegano- tutti sono proprietari delle loro abitazioni. E tutti quelli che se lo sono potuti permettere hanno aperto le loro porte ai turisti.

Vinales, musica a tutte le ore

Vinales, musica a tutte le ore

Incontri bizzarri per strada

Incontri bizzarri per strada

Una tipica casa di Viñales

Una tipica casa di Viñales

Silvia

La troviamo che ci aspetta già in mezzo alla strada, sbracciandosi. In effetti siamo arrivati un po’ in ritardo, ma sull’autostrada fra l’Havana e Pinar del Rio un acquazzone tropicale ci ha reso la vita davvero impossibile. Per non parlare dei cartelli con le frecce cancellate prima di Viñales, stratagemma locale per costringere i passanti a chiedere informazioni (a pagamento magari, ma Cuba è anche questo). Siamo partiti da Cienfeguos, quindi, dopo quasi 400 chilometri di auto, siamo stremati.

La casa di Silvia si chiama La Campestre, da Marguerita y Berito. E’ la classica casa del posto, anche se non è colorata: un unico piano e una veranda sul davanti con due comode sedie a dondolo a far da guardia alla porta. Bastano pochi minuti per capire come mai la guida la caldeggi vivamente per l’ospitalità delle padrone di casa, madre e figlia. In realtà la figlia Marguerita da un paio d’anni vive in Spagna, col marito che l’ha portata con sé. Là non ha più una casa particular, ma un agriturismo in pietra grigia: Silvia ce lo mostra orgogliosamente sfogliando una Smart box. La loro è una delle tante storie di separazione nelle famiglie dell’isola, di chi è partito per trovare qualcosa di più. E, anche se oggi è possibile viaggiare, ancora genitori e figli non si vedono per parecchi mesi. A volte anni. L’interno della casa è semplice, ma spicca per la pulizia: come sempre non mancano quei piccoli oggetti che vedevamo negli appartamenti dei nonni. Cose, spesso di poco valore, ma tenute con grande cura. Centrini, soprammobili di ceramica, copriletto di raso dai colori accesi. Fotografie. La parte più bella, quella sul davanti, è a disposizione degli ospiti, mentre i proprietari si ritirano sul retro.

In cucina Silvia si scatena: il suo asso nella manica è il pollo alla birra, accompagnato, come anche nei paladar, da riso e fagioli neri (arroz e frijoles), piatto di verdure e avocado. Terminare la cena in una casa è quasi impossibile, le dimensioni delle porzioni mettono a dura prova anche le buone forchette.

La tavola imbandita da Silvia

La tavola imbandita da Silvia

Non resta che riprendere i sensi sulle sedie a dondolo, dove Silvia ci raggiunge per due chiacchiere. Il nostro spagnolo è stentato, ma dal fiume di parole emergono l’orgoglio per una sanità di livello e per un’istruzione gratuita fino all’università. Traspare una generazione che la Rivoluzione non l’ha forse vista, ma interiorizzata (“è stata cruenta, sì, ma prima era peggio”). Silvia sul bloqueo non si sbilancia, ma se le chiedo cosa succederà dopo l’era Castro, mi risponde che “ci sono giovani preparati”. Intanto non ci lascia a mani vuote, lei che ci ospita a 12 euro a notte: ci regala una vissuta biografia di Fidel, di quelle che distribuiscono le scuole. “L’ho già letta. Ve la regalo, anche perché i soldi non sono tutto nella vita”.


Juan

Ci aspetta davanti al museo di storia locale, poco più di una stanza nel cuore di Viñales. Ha l’aspetto tipico della gente del posto: sembrano dei cow boy finiti ai Caraibi. Canotta e cappello di paglia. Ci chiede se abbiamo dell’acqua: la camminata fino ai mogotes, con questa giornata serena di sole, può essere estenuante. Juan (Juanito per la gente del posto) è la nostra guida che ci porterà a piedi nella vallata, dove faremo visita a un campesino. Ci inoltriamo nel sentiero di terra rossa, ci spiega che è piena di ferro. Contrasta con il verde delle piante di caffé, del platano, del granoturco. Durante l’estate, infatti, i contadini alternano la coltivazione del tabacco a quella del mais. In realtà il tabacco c’é: in un secador, una capanna di paglia, due donne stanno ripulendo le foglie, facendone dei mazzi. Questi saranno seccati e poi messi a fermentare, solo dopo il 90 per cento di questa foglie sarà fornito allo Stato per la produzione dei sigari. “Ma- ci spiega Juan- il campesino con il restante può produrre i suoi sigari artigianali e venderli”.

La lavorazione delle foglie di tabacco

La lavorazione delle foglie di tabacco

La preparazione del sigaro

La preparazione del sigaro

La tappa successiva è, per l’appunto, a casa di Eraldo, che ci aspetta con il caffé sul fuoco. Lo vende anche in grani, ma la sua principale attività è fabbricare sigari, cosa che fa sotto il nostro naso con grande maestria. Assembla le foglie, le racchiude nella capa e poi le arrotola, ed ecco che il sigaro è pronto. Partiamo con il nostro carico di sigari (se ne possono portare all’estero senza ricevuta fino a cinquanta a persona) e di caffé in grani e ripartiamo con Juan verso i mogotes. Ci spiega che l’erosione di vento e pioggia sta facendo cadere pezzi  di roccia di queste strane e antichissime formazioni rocciose che affiorano dal nulla. Il sole comincia a farsi sentire lungo il sentiero. Juan ci racconta di come Cuba sia uno dei paesi con più regole al mondo, e allo stesso tempo quello in cui ci sono più modi per eluderle. E’ vero che non c’è libertà di fare tutto, ma molti problemi non ci sono. “Forse, a Santiago.. lì è più pericoloso”. Attraversiamo prati, dove zebù sonnecchiano placidamente e i cavalli brucano tranquilli. L’unica presenza inquietante sono gli avvoltoi i caroñeros li chiama Juan, “con la cabeza pelata”. Andiamo oltre, fino alla tappa di rito: la capanna dell’uomo che fa “la migliore Piña colada di Cuba”. Ovviamente è un amico di Juan, manco a dirlo, ma di fatto ha ragione. Il segreto? Ananas ghiacciato, latte di cocco fresco, cannella e il liquore tipico di Pinar del Rio. Un momento di estasi mentre un gruppo di francesi- sono un’invasione a Viñales-, fuma rumorosamente i sigari.

"La Piña colada più buona di Cuba"

“La Piña colada più buona di Cuba”

Judi e Emilio

Ci aspetta sulla veranda, dove ci fa sedere in attesa di prepararci la stanza. Abbiamo lasciato Silvia a malincuore, ma avevamo già una precedente prenotazione in un’altra casa, una vera e propria fattoria con vista sui mogotes. La casa è come sempre semplice, ma ci piace la stanza tutta di legno con le coperte gialle e le tendine rosa. Judi è un’altra faccia ancora di Cuba: sorride, ma non fa nulla di più per ingraziarsi i visitatori a tutti i costi. Si illumina di un sorriso sincero, però, snocciolandoci le opzioni per il menu: quando scegliamo il cerdo (maiale), sembra oggettivamente soddisfatta. Forse sa che i turisti qui non mancano mai, visto che sono il primo indirizzo consigliato dalla Routard. Ne è consapevole il marito, che sfoglia la guida sapendo benissimo dov’è la sezione di Viñales e ci dà precise indicazioni su come raggiungere la Cueva de Santo Tomas. Da qui si raggiungono nell’arco di due ore sia Cayo Jutias che Cayo Levisa, con belle spiagge in cui si possono fare anche diving e snorkeling, ma ormai non abbiamo tempo e decidiamo di correre alla grotta prima della chiusura. Arriviamo al pelo per l’ultimo ingresso e ci avventuriamo con uno speleologo praticamente dentro a un mogote dopo un’arrampicata nella foresta breve, ma stile Indiana Jones.

L'uscita non proprio agile dalla Cueva

L’uscita non proprio agile dalla Cueva

Caschetto con torcia all’interno sono inevitabili visto il buio: la grotta è un’enorme pancia nella montagna, in cui si incontrano solo qualche pipistrello e gamberi. Esploriamo due livelli salendo una ripida scala, prima di uscire nell’aria carica di acqua. Non torniamo soli: sul sedile posteriore ora siedono tre speleologi. “Chiediamo sempre un passaggio agli ultimi visitatori. Alcuni di noi devono rientrare fino a Pinar del Rio”. E così facciamo la strada di casa con il rumoroso gruppo, che parla questo spagnolo così difficile da seguire.

Rientriamo a casa, dove ci aspetta una tavola apparecchiata sul retro, proprio con la vista sui campi e queste curiose alture. Condividiamo il pasto con una coppia svizzera appena arrivata dall’Avana. Il cerdo è effettivamente buonissimo, accompagnato da platano fritto, tipo patatine croccanti, riso e fagioli, un dolce di cocco e il solito abbondante piatto di frutta. Finisce con un tramonto rosato questa giornata, poi un domino e un sigaro sulla veranda, mentre il cielo si riempe di stelle. E’ così bello che ci convince a restare a cambiare programma: invece che andare a sentire musica dal vivo nel locale al centro del paese, ci fermiamo in questa oasi di pace.

La vista sui Mogotes

La vista sui Mogotes

La cena con vista

La cena con vista

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